venerdì 13 marzo 2009

La crisi economica mondiale sta mettendo a dura prova il tessuto di PMI che mandano avanti il Bel Paese. 370 mila posti di lavoro in meno dall’inizio del 2009. Aziende che rischiano il collasso e il fallimento. Cassa Integrazione, ferie forzate e poi chissà….
Taranto è una di quelle città che sta per toccare il fondo. I primi segnali del disastro li cominceremo a sentire in estate, quando l’ILVA avrà ridotto ancora di più la sua produzione e quando comincerà a tagliare definitivamente gli ordinativi alle ditte dell’indotto.
C’è un tessuto economico dietro l’ILVA che a molti sfugge: dalle ditte di manutenzione d’impianti alle ditte di costruzione di carpenterie metalliche, passando per le ditte edili, elettriche, senza tralasciare i loro fornitori: chi vende profilati, chi materiale antinfortunistico, chi materiale elettrico, chi soltanto cancelleria…e poi…non dimentichiamo che queste aziende si avvalgono di consulenza, contabile, del lavoro, sicurezza, qualità, ambiente ecc ecc. La parte che produce di Taranto sta collassando, ma la cosa grave è che nessun politico locale interviene per individuare soluzioni alternative.
La battaglia della Diossina, per carità giustissima, portata avanti dal Presidente Vendola, è stata condotta in maniera capestre; solo per dare un contentino agli elettori ambientalisti non ancora soddisfatti di quella boiata del Parco delle Gravine.
Si è voluto mettere con le spalle al muro Emilio Riva, imponendogli di adeguarsi ad una legge regionale bella quanto impossibile, pena la chiusura degli impianti, senza però rassicurare il personale impiegato in ILVA con progetti alternativi, riassorbimenti in nuovi progetti d’impresa finanziati dalla Regione…il nulla più totale.